Nel mondo dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM), la creatività non è un semplice valore aggiunto: è l’essenza stessa della formazione, della ricerca, dell’espressione. Essa costituisce la materia prima e il risultato ultimo di ogni percorso, sia esso musicale, teatrale, coreutico o visivo. Tuttavia, proprio perché così pervasiva, la creatività rischia talvolta di essere data per scontata, ridotta a un termine evocativo e non a una pratica concreta, metodologica, trasformativa. È tempo di restituirle centralità, anche nell’elaborazione di politiche educative e di governance.
La creatività nell’AFAM è ben più che l’invenzione artistica: è la capacità di porre domande, di reinventare i linguaggi, di attraversare le tradizioni per generarne di nuove. È una forma di pensiero critico e divergente che si traduce in composizione, interpretazione, regia, coreografia, scenografia, ricerca. È la linfa che alimenta le pratiche artistiche e le connette alla contemporaneità. Essa si esprime nella costante tensione tra rigore e libertà, disciplina e immaginazione, identità e sperimentazione.
Ma essere creativi non è un dato naturale: è una competenza che si coltiva, si stimola, si affina. Questo compito formativo spetta in primo luogo alle istituzioni dell’AFAM, chiamate a non essere semplici trasmettitori di saperi, ma fucine di processi creativi, luoghi in cui l’errore è considerato un passaggio necessario, l’ibridazione tra codici è una risorsa, la ricerca artistica è una pratica legittima e valutabile.
In quest’ottica, anche la figura del docente assume un ruolo nuovo: non solo mentore o trasmettitore, ma catalizzatore e compagno di esplorazione. L’AFAM vanta una generazione di docenti che, oltre alla solida competenza disciplinare, possiedono una visione pedagogica capace di coniugare ascolto, sfida, apertura. La creatività, infatti, non si insegna, ma si attiva. E può essere spenta molto facilmente da sistemi rigidi, da valutazioni sterili, da curricoli ingessati.
L’innovazione didattica, la ricerca educativa, la sperimentazione interdisciplinare sono elementi che dovrebbero essere strutturalmente incentivati, sostenuti, riconosciuti. Eppure, troppo spesso i docenti AFAM si trovano a praticare creatività e innovazione nonostante il sistema, e non grazie ad esso.
Un sistema creativo si misura anche nella sua capacità di ospitare progetti originali, di far dialogare le arti, di abbattere i confini tra generi, di collegarsi alla società. Le istituzioni AFAM sono (o dovrebbero essere) spazi generativi, laboratori di pensiero artistico, motori di trasformazione culturale. Eppure, non sempre i vincoli amministrativi, le rigidità regolamentari e la scarsità di risorse permettono di valorizzare appieno questa vocazione.
Occorre immaginare un’AFAM che metta al centro la progettualità creativa non solo nell’ambito artistico, ma anche in quello gestionale e strategico. La governance delle istituzioni deve favorire e non ostacolare la ricerca artistica, deve premiare l’iniziativa, deve leggere l’innovazione come investimento, non come rischio.
In un momento storico in cui la creatività è riconosciuta come uno dei principali asset per lo sviluppo economico, sociale e umano (si pensi alla centralità delle industrie culturali), l’AFAM non può restare ai margini. Al contrario, deve rivendicare con forza il proprio ruolo di generatrice di senso, di visione, di bellezza.
Per questo, parlare di creatività nell’AFAM significa parlare del futuro: della capacità di immaginare nuove forme di apprendimento, di produzione, di relazione. Significa difendere la libertà dell’arte ma anche la dignità del lavoro artistico. Significa, infine, ribadire che senza creatività non c’è conoscenza autentica, non c’è formazione trasformativa, non c’è progresso culturale.
È dunque compito di tutti — docenti, studenti, direttori, organi politici — coltivare la creatività come bene comune, come diritto e come pratica quotidiana. Perché un sistema creativo è un sistema vivo. E un’AFAM creativa è un’AFAM che ha un futuro. |