Cosa prevede per l’AFAM il prossimo contratto?

Da qualche settimana è stato pubblicato dal Ministero per la Pubblica Amministrazione l’Atto di indirizzo per il rinnovo contrattuale del triennio 2019-2021 (atto di indirizzo) per il personale del comparto dell’istruzione e della ricerca, il passo obbligato con cui il Dicastero della PA pone sul tavolo le questioni da discutere nel corso del prossimo rinnovo contrattuale. Notiamo en passant che si tratta dell’ennesimo rinnovo per un triennio già trascorso, una triste abitudine che non accenna a migliorare e che la pandemia ha soltanto peggiorato. L’AFAM è interessata a questo documento perché – purtroppo – rientra nel comparto scolastico, non beneficiando del trattamento giuridico ed economico riservato ai docenti universitari, e dunque nell’Atto di indirizzo c’è una parte dedicata al nostro settore. Andiamo a commentarla, nel male e nel bene.

  • Al punto 6.1, Revisione dei sistemi di classificazione professionale, si parla dell’introduzione della figura del ricercatore AFAM, la quale si configura come «dotata di preminenti funzioni di ricerca e con obblighi didattici nel limite massimo del 50 per cento dell’orario di lavoro, con la previsione che ad essa non possa essere affidata la piena responsabilità didattica di cattedre di docenza». Non si fa menzione dello stipendio da attribuire alla nuova tipologia che debutta nei ranghi della docenza: è evidente che i suoi emolumenti non potranno eguagliare quelli (bassi) del professore, né l’Atto di indirizzo parla delle loro modalità di finanziamento. Corriamo il rischio – da evitare a tutti i costi – che qualcuno immagini una figura introdotta a costo zero, che vada a vampirizzare cattedre reali già esistenti attraverso conversioni e congelamenti per ripagarsi dei costi. Un pericolo su cui vigilare per scongiurarlo, se vogliamo che si tratti di un reale arricchimento del mondo AFAM, non del solito University-washing che piace tanto ai nostri politici sin dalla nascita della 508. Allo stesso punto, più oltre, si parla di un nuovo profilo della docenza «nel coordinamento e organizzazione nei progetti di ricerca oltre l’attuale impegno orario». I progetti di ricerca devono far parte dell’impegno orario ad oggi previsto, già esorbitante – soprattutto per quanto attiene le materie collettive – rispetto a quanto richiesto per l’Università

 

  • Al punto 6.2, Trattamento accessorio, formazione ed altri istituti del rapporto di lavoro, si parla di «valorizzazione del merito». Cosa ottima di per sé, vero fondamento dello scatto di miglioramento necessario al mondo AFAM, rimane da capire in che modo il merito sarà valutato, in base a quali parametri, e da chi. Si parla inoltre della «formazione come strumento di valorizzazione». L’AFAM è di per sé un ente formatore. Si spera che tale punto si riferisca alla formazione del personale, non certo dei professori… Non si può che condividere, invece, la re-introduzione dell’anno sabbatico (da legare, evidentemente, alla ricerca), e la disciplina dei permessi artistici, vitali per la nostra categoria; la «disciplina dell’attività pre-ruolo e incarichi fuori ruolo (ricostruzione di carriera, con riferimento al servizio pre-ruolo e alla luce della giurisprudenza)»; e infine «l’introduzione di personale specializzato per gli Uffici del trasferimento tecnologico», che immaginiamo come figure di supporto alla ricerca, alla digitalizzazione del patrimonio librario e non solo, all’implementazione della digitalizzazione, finora in molte istituzioni assai carente.

 

  • Il punto 6.4, intitolato Didattica a distanza, vuole disciplinare «le modalità della prestazione in particolare rispetto ai temi dei diritti e delle relazioni sindacali, della formazione specifica, della predisposizione e dell’utilizzo dei dispositivi, della salute e sicurezza, del tempo di lavoro, del diritto alla disconnessione e degli altri istituti del rapporto di lavoro che esigono adattamenti nel caso di lavoro eseguito non in presenza». Non c’è menzione delle peculiarità della didattica a distanza, che autorevoli studi hanno riconosciuto come enormemente più pesante della didattica in presenza. Occorre riconoscere che la lezione a distanza deve durare meno per essere efficace in maniera paragonabile alla didattica in presenza (1 ora potrebbe essere equiparata a 45 minuti): inoltre, gli strumenti necessari devono essere messi a disposizione di ciascun docente dall’istituzione di appartenenza, e cioè pc, connessione di rete, abbonamento pro alla piattaforma ospitante le lezioni).

 

  • L’ultimo punto è il punctum dolens. A fronte di un’inflazione che sta esplodendo e che si è già meritata in tutto il mondo menzioni preoccupate da parte di autorità e istituzioni finanziarie, si parla attualmente di aumenti economici pari grosso modo a un caffè giornaliero. Questo anche per il comparto AFAM, dove il futuro prossimo prevede un aumento vertiginoso dei carichi di lavoro – ricerca e dottorati di ricerca in primis – che la politica vorrebbe lasciare a costo zero sulle spalle dei docenti. Possiamo accettarlo?

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