Novità: guida ragionata al futuro prossimo dell’AFAM

Negli ultimi due giorni la travagliata vicenda dell’AFAM ha visto alcuni passaggi parlamentari relativi alla conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che hanno portato ad alcune novità. Esse meritano non soltanto di essere elencate, ma anche discusse per le ripercussioni che avranno sul sistema. Cominciamo con l’elencare quello che non è stato approvato. È stato fortunatamente respinto, come nel dicembre dello scorso anno, l’ennesimo tentativo della Fondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia, della Fondazione Teatro alla Scala e della Fondazione Teatro di San Carlo di poter ampliare la loro attività trasformandosi in istituzioni AFAM a tutti gli effetti potendo rilasciare diplomi di dottorato di ricerca, di perfezionamento o master, di dottorati di ricerca «fino all’entrata in vigore del regolamento che disciplina le procedure, i tempi e le modalità per la programmazione, il riequilibrio e lo sviluppo dell’offerta didattica, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, lettera g), della legge 21 dicembre 1999, n. 508», che era un bel modo di cominciare a mettere un piede per tenere aperta una porta che ne consentisse l’ingresso a tutti gli effetti nel mondo dell’Alta formazione. Il problema dell’AFAM – lo sappiamo tutti – è l’eccesso di offerta. Presto o tardi bisognerà prendere di petto questo convitato di pietra prima che trascini tutti noi all’inferno, procedendo a ridimensionare il banchetto grazie a una razionalizzazione dell’offerta sul territorio.

Veniamo adesso a quelle che a prima vista sembrano buone notizie. Grazie ad un emendamento della senatrice Loredana Russo, d’intesa col MUR, è stata approvata la figura del ricercatore per le istituzioni AFAM; sono state approvate pure le cattedre a metà tempo, col 50% dell’orario. Una analisi appena razionale del dettato legislativo mostra, però, tutta la sua debolezza nello specifico. Si tratta delle ennesime riforme a costo zero, che a quanto pare toccano soltanto all’AFAM, mai né alla scuola né all’Università. I ricercatori, stando alla legge, potranno fare ricerca e insegnare per il 50% dell’orario. Le “mezze cattedre” potrebbero consentire la razionalizzazione dei mille corsi e corsini che funestano i piani di studio degli studenti. Tutto questo sarebbe un indubbio arricchimento per le istituzioni, non fosse che si chiede loro di acquisire queste nuove figure appunto a costo zero, e dunque a prezzo di conversioni di cattedre. Chi lo farà? Con quali motivazioni? E quali vantaggi per gli studenti?

Nel frattempo, prendiamo coscienza con invidia che l’Università, nella stessa legge di cui stiamo parlando, è riuscita a razionalizzare i propri gruppi e settori scientifico-disciplinari, un intervento che per l’AFAM sarebbe necessario quanto il grano che le vicende ucraine hanno sottratto alle parti più povere del mondo. Inoltre, l’Anvur ha avuto un generoso apporto di finanziamenti, a conferma che i danari ci sono per tutti, tranne che per noi. Perfino il contentino dei cosiddetti “assegni di ricerca” universitari, che sono sostituiti con “contratti di ricerca” cui anche le istituzioni AFAM possono ricorrere, debbono essere finanziati per legge «esclusivamente ricorrendo a finanziamenti esterni a totale copertura dei costi della posizione». In altre parole, per attivare un contratto di questo tipo è necessario prima trovare uno sponsor.

Chiudiamo con l’ultima notizia: una volta approvato il decreto sul reclutamento (manca dall’approvazione della 508, cioè dal 1999), cambieranno anche le regole per la mobilità che dovrebbero diventare più simili a quelle del mondo universitario. Diventeranno più simili al mondo universitario, di conseguenza, anche i nostri stipendi? Inutile dire, ovviamente, che quella appena formulata è una domanda retorica, visto che chi non ha abdicato alla lettura dei quotidiani in questi giorni di siccità disperata e di caldo feroce, sa quali nubi la geopolitica stia addensando sulla prossima finanziaria. E non porteranno la pioggia che tanto ci serve, soltanto lacrime e sangue.

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