Nel dibattito sulla Legge di Bilancio 2026, l’ANDA ha presentato al Parlamento un pacchetto di emendamenti che affrontano in modo organico le criticità strutturali del nostro settore. Non è una rivendicazione corporativa, ma un passo logico e coerente con quanto la legge 508/1999 ha sancito più di venticinque anni fa: le istituzioni AFAM appartengono al sistema dell’alta formazione superiore, accanto alle università, con funzioni di didattica, ricerca e produzione artistica. Tuttavia, quell’identità giuridica e accademica è rimasta, in molti aspetti, incompiuta.
Gli emendamenti proposti partono da un principio semplice: a pari funzione, responsabilità e livello di accesso, deve corrispondere pari dignità. Per questo l’intervento richiesto riguarda la piena equiparazione economica e giuridica dei docenti AFAM a quelli universitari. La differenza retributiva e contrattuale non è solo un’ingiustizia nei confronti dei docenti, ma un paradosso giuridico: due categorie che appartengono allo stesso livello di istruzione superiore, con le stesse responsabilità istituzionali, non possono continuare a essere trattate in modo diverso. Accanto a questo, un secondo emendamento punta a incrementare le indennità e le retribuzioni professionali del personale docente, introducendo un apposito capitolo nel bilancio del MUR. Anche in questo caso, la logica è chiara: se vogliamo qualità nella didattica, stabilità del personale e competitività internazionale delle nostre istituzioni, dobbiamo evitare che l’AFAM diventi un bacino di precarietà o un settore che perde i propri talenti verso l’università o l’estero. La gradualità della spesa permette allo Stato di programmare senza impatti critici sui saldi pubblici. C’è poi un capitolo che non costa nulla ma vale moltissimo: la chiarezza sui titoli di studio. Oggi l’Italia è l’unico Paese europeo in cui i corsi accademici dell’alta formazione artistica vengono denominati diversamente dalle lauree universitarie, pur collocandosi nella stessa area del Processo di Bologna e dello Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore. La sostituzione delle locuzioni “diploma accademico di primo e secondo livello” con “laurea” e “laurea magistrale” è una scelta di trasparenza e di tutela degli studenti: elimina ambiguità nei concorsi, chiarisce ogni dubbio di spendibilità e allinea definitivamente il sistema AFAM allo standard internazionale. Altre proposte guardano al cuore della vita accademica: la ricerca. Se l’AFAM fa parte dell’alta formazione, deve poter accedere in modo organico alle risorse destinate alla produzione e allo sviluppo scientifico-artistico. Riservare almeno il 5% dei fondi PRIN ai progetti che vedono coinvolte le istituzioni AFAM non è un privilegio, ma un atto di giustizia ordinamentale. Significa permettere a conservatori, accademie, istituti superiori e docenti di competere alla pari, costruire partnership con università ed enti pubblici, produrre quella innovazione artistica e tecnologica che sempre più caratterizza le professioni creative contemporanee. Non meno importante è il ripristino dell’anno sabbatico e l’eliminazione del blocco triennale degli anni 2012–2014. L’alta formazione artistica ha bisogno di aggiornamento, studio e produzione; nessuna istituzione accademica può crescere senza che i suoi docenti possano dedicare tempo alla ricerca e all’approfondimento. Il ripristino dell’aspettativa sabbatica restituisce coerenza con il mondo universitario, migliora la qualità della didattica e produce valore culturale per l’intero Paese. Infine, due interventi guardano alla giustizia amministrativa e alla dignità del lavoro: la proroga delle stabilizzazioni dei docenti precari fino all’anno accademico 2024/2025 e la cancellazione del vincolo quinquennale di sede per i vincitori delle procedure del DM 180/2023. Si tratta di norme che rimettono ordine in ritardi e contraddizioni generate dalla pandemia e dalla frammentazione normativa degli anni precedenti. La stabilizzazione non crea nuovi costi: riguarda personale che già lavora nelle istituzioni, garantendo continuità ai corsi, evitando turn-over forzati, riducendo il contenzioso e valorizzando professionalità che da anni sostengono il sistema. L’eliminazione del blocco quinquennale restituisce invece parità di trattamento e riconosce la mobilità come diritto fondamentale di qualunque docente.
Nel complesso, gli emendamenti presentati da ANDA non chiedono privilegi, ma coerenza. Non inventano organi, non introducono nuove procedure, non provocano squilibri. Sono misure di sistema, molte delle quali a costo zero, pensate per far crescere l’alta formazione artistica, musicale e coreutica e per dare finalmente piena attuazione a ciò che la legge 508/1999 aveva già previsto. Se il Parlamento accoglierà queste proposte, l’Italia farà un passo in avanti nella direzione della dignità del lavoro accademico, del riconoscimento internazionale dei titoli e della competitività culturale del Paese.
È il momento di completare la riforma.
L’AFAM non chiede privilegi: chiede di essere trattata per ciò che è.












